martedì 29 aprile 2014

Quanto costa una foto?


Quanto costa un servizio fotografico?

Sono capitato per caso sul Blog di una collega e leggo questo articolo che riporto sotto,
non potevo non riportarlo.
Anche perchè le frasi ma quanto costa fare una foto?
oppure, ma dai fammi una foto che ti costa?
me le sarò sentito dire 1000 volte.
Penso proprio che il suo ragionamento non faccia una piega e aiuti a spiegare un pò a tutti che fare il fotografo è un vero e proprio lavoro, proprio come tutti gli altri.
Luigi 



"Premessa: non vorrei passare per la pentola di fagioli di turno, né tanto meno scatenare inutili e sterili polemiche… ma amo il mio lavoro, lo amo tantissimo e, quando mi sento dire una cosa del genere, il minimo che possa accadere è che mi parta un embolo colossale. Questa cosa devo metterla in chiaro una volta per tutte, c’è niente da fare.
Vuoi davvero sapere cosa mi costa?
Sai, in realtà, cosa si cela dietro un “semplice” scatto? Sai che succede, in quella frazione di “un attimo”?
Se non lo sai – e la cosa potrebbe anche essere legittima – non preoccuparti, ora te lo spiego io.
Nel momento in cui prendo la macchina e metto il mio occhio sul mirino, c’è da sapere che innanzitutto, l’oggetto che sto sollevando, a me è costato più di duemila pippi. Da aggiungere, poi, un costo che varia dai trecentocinquanta ai duemilacinquecento altri pippi per quel tubo di lenti altresì chiamato obbiettivo, in base al modello che monto sulla macchina. Da aggiungere, ci sono anche gli ottanta/novanta pippi della scheda di memoria su cui poi andrà salvata la tua “semplice foto”.
Quindi, la mitica macchina fotografica troppofffiga che sto usando per scattare la foto, quella che tu guardi in adorazione e che credi sia l’unica responsabile dell’effettiva riuscita dello scatto perché “con una macchina così per forza scatti foto belle!!!!!!!!!!!!!!”, a me è costata, nel complesso, una gamba, un rene, le tonsille e anche l’appendice. Ecco “cosa mi costa”.
Ma questo è solo l’inizio.
Dopo aver appoggiato il mio occhio al mirino della macchina delle meraviglie, tra il suddetto e il mio cervello scattano una serie di meccanismi che riassumerò ivi brevemente:
- Occhio osserva la situazione attraverso il mirino e comunica a cervello se e come spostare la macchina per trovare il giusto equilibrio tra il soggetto, le cose che ha eventualmente attorno lo e sfondo, quindi sistemare l’inquadratura se ce n’è bisogno.
- Occhio guarda l’esposimetro per vedere se la quantità di luce in entrata della macchina è corretta. Se dovesse essercene troppa, la foto sarebbe “bruciata” e, al contrario, se dovesse essere troppo poca, la foto risulterebbe “scura”.
- Cervello eventualmente comunica alle dita delle mani che sorreggono la macchina di ruotare la ghiera di diaframma e/o otturatore, oppure di regolare gli ISO, per regolare la quantità di luce in entrata.
La scelta di sistemare diaframma, otturatore o ISO è dettata da una serie di altri ragionamenti, rivolti al “come io voglio che esca la fotografia”: se il soggetto deve essere fermo e non mosso, se deve esserci a fuoco solo lui o altro oltre a lui, se nell’ambiente in cui scatto c’è molta luce o poca luce, che tipo di luce è e, in base a quest’ultima osservazione, andare a comunicarlo alla macchina, impostando il corretto bilanciamento del bianco, se voglio che la tua “semplice foto” esca con i colori reali e non con le tonalità sfasate alla membro di segugio.
- Occhio torna ad osservare esposimetro, ricontrolla inquadratura e valori di diaframma ed otturatore perché sia tutto ok.
- Cervello comunica a dito di premere il pulsante di scatto a mezza corsa, per far sì che macchina e obbiettivo mettano a fuoco il soggetto.
- Occhio eventualmente comunica a cervello che comunica a mani che la macchina va spostata durante la messa a fuoco per puntare al soggetto e poi risistemata con l’inquadratura corretta.
- Cervello comunica a dito di premere il pulsante di scatto fino in fondo, per scattare effettivamente la “semplice foto”.
Luigi Sauro©
Tutte queste operazioni appena descritte sono state da me apprese durante anni e anni di studio e il fatto che io ci metta solo un paio di secondi scarsi ad eseguire tali procedure in modo corretto, significa che durante questi anni mi sono spaccata il filo della schiena facendo molta pratica, tanta pratica, nello specifico più di dieci anni di pratica.
Dodici anni di studio e pratica mi sono costati tanta fatica – è vero – fatica affrontata comunque col sorriso, visto che ho sempre amato questo lavoro. Il problema è che tutto ciò non l’ho pagato solo col sangue e col sudore, ma anche con molti soldi e sacrifici, miei e della mia famiglia, che mi ha aiutata e supportata a realizzare il mio sogno di fare la fotografa da grande, permettendomi di studiare.
Orbene.
La “semplice foto” che ho appena scattato e che ora giace beatamente nella scheda di memoria della macchina, ora va scaricata sul computer e post-prodotta.
Il computer, che oltretutto mi è costato un sacco di soldi (per la precisione, quasi duemila pippi), funziona perché è attaccato alla corrente. La corrente costa. Tanto. E io pago regolarmente le bollette.
Volendo essere pignoli, pure il lettore che fa da tramite tra il computer e la scheda di memoria l’ho pagato. Non tantissimo, ma comunque nessuno me l’ha regalato.
Una volta che la foto è scaricata sul computer, la devo far passare attraverso quei meravigliosi software che sono Adobe Photoshop e/o Lightroom. E no, non li ho scaricati dai torrent, ho acquistato regolarmente la licenza di entrambi. Quanto mi sono costati? La cifra precisa non la ricordo, ma siamo comunque oltre i mille pippi.
Per sistemare la tua “semplice foto”e togliere gli eventuali brufolazzi dalla tua faccia, oltre al mettere in pratica altri insegnamenti che ho imparato durante i miei dieci e passa anni di studio (e che continuo ad imparare, perché mi tengo in costante aggiornamento), sto utilizzando una tavoletta grafica per la quale ho sborsato altri trecento e passa pippi.
Generalmente queste operazioni richiedono diverso tempo e io dovrei avere anche un costo orario, non sto mica pettinando le bambole o lavorando per la gloria.
Luigi Sauro©
Pensa, tutto questo procedimento si ripete daccapo ogni volta che scatto UNA SOLA “semplice foto”. In un servizio, quante foto scatto? Cento? Cinquecento? Ma a volte anche più di mille o duemila, se si tratta di un matrimonio, per esempio.
E le tasse? Quelle non si pagano? Certo che si pagano, io le pago regolarmente.
E pago pure l’affitto dello studio, la bolletta del telefono, del riscaldamento, pago i miei fornitori, pago il commercialista, pago qualsivoglia attrezzatura che mi serva a svolgere normalmente il mio lavoro.
Queste sono le sottili differenze che stanno tra un fotografo professionista e un fotografo della domenica. Al fotografo della domenica, probabilmente, questa “roba di un attimo” costa davvero nulla o quasi ma – pensateci – in termini di qualità, dove credete possa arrivare? Un fotografo che non ha questo tipo di preparazione, sarà davvero in grado di ottenere gli stessi risultati di un professionista?"




Quindi, prima di dire a un fotografo professionista: “ma sì dai, tu fai solo click col dito, cosa vuoi che sia?” pensaci su due, tre, dieci volte perché fare fotografia come dio comanda è un lavoro VERO e, come ogni altro lavoro “vero”, anche quello del fotografo implica investimento di tempo, energie e tanti, molti soldi. E, come tale, merita rispetto.





Un cavolo il click col dito.
  


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